note di regia


La matriarca è Medea, o meglio, è una sorta di Medea che, a tratti, nella storia, sembra quasi usurpare il nome della grande eroina tragica, così come i suoi compagni d'avventura sembrano a loro volta usurpare i propri. Insomma, è una donna ad essa analoga, e troppo Medea per esserne un'estrema trasmutazione.
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Un mondo che non prevede eroi. La magia come arte per difendersi dal mondo, come barriera contro le piccolezze umane. Un deserto reale e metaforico che è anche diaspora, solitudine, abbandono; un deserto pettinato da caldi e voluttuosi venti che stravolgono paesaggi, sconvolgono gli animi, diffondono voci e seminano tormenti. Latrati ora capaci di richiamare e riportare al calore di casa, ora di respingere e terrorizzare. E anime. Anime storpie che dentro a un deserto si muovono, nei venti si inseguono, tra i latrati si ascoltano.

Claudio Boccaccini e Giuseppe Manfridi