note di regia


"Che l'uomo sia un' unità, un tutto indivisibile composto di forza e

forma del corpo, di ragione e volontà dello spirito, che da questa
unità si sviluppi la sorte particolare, in quanto le azioni e le
sofferenze che gli competono sono attratte su di lui quasi per
magnetismo, si attaccano a lui formando così anch' esse una parte
della sua unità" (studi su Dante di E.Auerbach)

"HELLEVEN" è un concerto per quartetto acustico (diretto da Bernardo Nardini) e suggestioni vocali.
Un "viaggio" metaforico tra 8 canti dell`inferno della divina commedia che rivelano l'ordine del mondo in cui natura e spirito si accordano e dove non è possibile certo dimenticare la componente umana dei sentimenti. Ma anche un momento di riflessione attraverso immagini filmiche che vogliono raccontare la nostra paura, il nostro "personale" inferno in un mondo dilaniato dalla disperazione e dall'assenteismo. Un concerto di "sintesi" come già suggerisce il titolo Hell-eleven (Helleven): un Inferno delle aberrazioni umane rinchiuso, o meglio, contenuto nelle undici sillabe del verso dantesco. Chiaro riferimento al Dante esoterico, all' uomo appartenente (probabilmente) all'ordine dei templari che in tutta la sua Opera utilizza un linguaggio settario come chiara allusione al mondo Sacro medievale. Ed ecco che l'amore ultraterreno di Paolo e Francesca si fonde per contrasto con i torbidi colori della vendetta del conte Ugolino o con il gelido distacco dell'uomo politico: l'austero Farinata degli Uberti.Un viaggio negato "perdete ogni speranza, o voi che entrate" ci ammoniva il poeta Dante, mentre l'uomo Alighieri, il rivoluzionario, l'acerrimo nemico del potere temporale della chiesa, con la musicalità dei suoi versi c'incuriosisce e ci incanta, urla nelle orecchie con la stessa forza con cui Ulisse, rivolgendosi ai suoi compagni, li esorta a ricordare "fatti non foste per viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza".E allora come (proprio nel mezzo del "cammin di nostra vita") non accogliere la sfida del grande poeta fiorentino. Come potevo dimenticare o non mettere finalmente in pratica gli insegnamenti del maestro Vittorio Gasmann. E allora mi sono lasciato andare….mi sono fatto trasportare e prendere dalla paura dell'inadeguatezza, ma sinceramente ho voluto raccontare e raccontarmi. Un viaggio, il mio, condiviso con visi amici con sensibilità affini che mi hanno spinto, incitandomi, a inoltrarmi nella "mia selva oscura". E come tutti i migliori concerti, non solo era indispensabile la musica e la sua perfetta sintonia con l'endecasillabo, ma una vera e propria orchestrazione di sensibilità, d'esperienze umane, che riescono a trovare nella poesia la loro vera
espressione. Un Inferno, quindi, che non fosse solo quello di Dante, ma dell'animo umano, a cui contrapporre anche un'altra sensibilità poetica, un'altra forza espressiva: Dante e Baudelaire, coi suoi "fiori del male", visione "maledetta" di un "eguale" viaggio immaginario verso la morte. Viaggio meno "ultraterreno" ma certamente non meno visionario. Poesia, come fuga dallo "spleen", dall'angoscia
esistenziale, dal dualismo della condizione umana. Un uomo, forse, represso ma certamente intrappolato dalla sua inconsapevolezza, inseguito dal tempo, che non lo uccide ma al massimo lo digerisce. Quindi, utilizzazione del male come forza espressiva, come strumento e non come punizione, senza esorcizzarlo, o raccontarlo, ma fondendolo, tra poesia ed espressione, tra vita reale e metafora poetica. Come Baudelaire stesso spiega tentando di "estrarre la bellezza del male", così la mia interpretazione dell'inferno dantesco, affiancata ad una rosa di poesie del grande poeta francese interpretate da Stefano Masala, cerca di esorcizzare la nostra paura per l'ignoto e avvicinarci all'incomprensibile. Alla ricerca di un probabile equilibrio estetico che determina la spinta alla mia vita.

Giovanni Nardoni